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Sistema nazionale di certificazione della parità di genere. Facciamo il punto.
Negli ultimi anni si è fatta sempre più pressante, a livello globale, la necessità di interventi volti a sostenere e raggiungere il principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività.
Francesca Gardini, Ufficio giuridico della Sede nazionale
Negli ultimi anni si è fatta sempre più pressante, a livello globale, la necessità di interventi volti a sostenere e raggiungere il principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività.
Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e della emancipazione di tutte le donne e le ragazze, non a caso, rappresenta uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che i Paesi membri delle Nazioni Unite con la risoluzione 70/1 si sono impegnati a raggiungere entro il 2030. Nessuno Stato membro, del resto, come sottolineato dalla Commissione europea nella Comunicazione relativa alla Strategia per la parità di genere 2020-2025, ad oggi, ha raggiunto la parità tra uomo e donna; l’Italia, in particolare, nell’Indice sull’uguaglianza di genere 2020, elaborato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), avrebbe raggiunto un punteggio inferiore alla media dell’UE, in particolare, nei settori di potere, del tempo e della conoscenza.
L’importanza del superamento della disparità di genere, dunque, è stata ribadita nel nostro Paese nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) all’interno del quale la parità di genere rappresenta una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale e nel quale, inoltre, il Governo annuncia l’adozione di una «Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026» che si propone di raggiungere entro il 2026 l’incremento di cinque punti nella classifica dell’Indice sull'uguaglianza di genere, che attualmente vede l'Italia al quattordicesimo posto nella classifica dei Paesi UE-27.
Nella Missione 5 del PNRR dedicata alla «coesione e inclusione», in particolare, è stato previsto, nell’ambito della Componente 1, dedicata alle «politiche per il lavoro», un investimento di 10 milioni di euro destinato alla definizione di un «Sistema nazionale di certificazione della parità di genere» che accompagni e incentivi le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il gap di genere in tutte le aree maggiormente critiche, quali l’opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela della maternità. Tale intervento si articola, in particolare, di tre componenti:
(1) Definizione del sistema per la certificazione sulla parità di genere e del meccanismo premiante.
(2) Creazione di un sistema informativo presso il Dipartimento per le Pari Opportunità in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dello Sviluppo Economico.
(3) Attivazione del sistema di certificazione sulla parità di genere.
In questa cornice, dunque, deve essere inquadrato l’intervento del nostro legislatore dello scorso novembre, del quale vi abbiamo informato con nostra Circolare n. 236/2021, e con il quale è stata istituita la «certificazione della parità di genere», volta a riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere proprio con riferimento a quanto indicato nel PNRR e sopra richiamato, opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela della maternità, e al cui possesso è stata collegata la concessione di un sgravio contributivo parziale.
Si segnala, tuttavia, che, benché tale certificazione sia stata istituita con decorrenza 1° gennaio 2022, allo stato si è in attesa dell’emanazione dei successivi DPCM, da adottarsi su proposta del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico, ai quali è stata demandata dallo stesso legislatore la definizione dei criteri e delle relative modalità attuative. A tale proposito, tra l’altro, è intervenuta, altresì, la legge di bilancio 2022 (comma 147) che ha stabilito che sia un Decreto del Presidente del Consiglio o dell’Autorità politica delegata a stabilire i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere, con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri territoriali e regionali di parità nel controllo e nella verifica del rispetto dei requisiti necessari al loro mantenimento.
È stato istituito, inoltre, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per effetto dell’intervento del nostro legislatore dello scorso novembre sopra ricordato, il «Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese» e, per effetto della legge di bilancio 2022 (comma 147), «un sistema informativo» con funzione di piattaforma di raccolta di dati disaggregati per genere e di informazioni sulla certificazione, nonché di albo degli enti accreditati.
Si inseriscono in questo contesto, del resto, le Linee Guida, adottate con decreto del 7 dicembre 2021, dal Ministro per le pari opportunità e la famiglia e il Ministro delle politiche giovanili e il servizio civile universale, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali nonché il Ministro per le disabilità, volte a favorire la pari opportunità di genere e generazionali, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, consultabili al seguente link della G.U..
Il nostro legislatore, tra l’altro, con l’intervento dello scorso novembre citato ha anche esteso l’obbligo di redazione del rapporto biennali sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta, alle aziende (pubbliche e private) che impieghino più di 50 dipendenti, riscrivendo la relativa disciplina che, tuttavia, allo stato manca dei relativi decreti attuativi. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, a tale proposito, ha solo annunciato che, nelle more dell’adozione del nuovo decreto ministeriale per l’aggiornamento delle modalità di presentazione del rapporto biennale, le aziende che occupano oltre 50 dipendenti, a partire dall’11 febbraio 2022, potranno accedere all'applicativo reso disponibile dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali all'indirizzo https://servizi.lavoro.gov.it, mediante le proprie credenziali SPID.
A questi interventi, si aggiunge, altresì, per effetto della legge di bilancio 2022 (comma 138), l’incremento di 50 milioni di euro a decorrere dal 2023, della dotazione del «Fondo per il sostegno della parità salariale di genere», istituito con la legge di bilancio 2021, del quale è stata estesa, altresì, la finalità, prevedendo che sia destinato, nella versione attuale della norma, «alla copertura finanziaria di interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro, nonché al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso la definizione di procedure per l'acquisizione, da parte delle imprese pubbliche e private, di una certificazione della parità di genere», benché le modalità di attuazione siano demandate a successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro con delega per le pari opportunità.
La legge di bilancio 2022 (commi 139 – 144), tra l’altro, non si è limitata a incrementare il predetto Fondo ma ha previsto l'adozione, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri o dell’Autorità politica delegata per le pari opportunità, di un «Piano strategico nazionale per la parità di genere» che, in coerenza con gli obiettivi della Strategia europea per le parità di genere 2020-2025, individui «buone pratiche per combattere gli stereotipi di genere, colmare il divario di genere nel mercato del lavoro, raggiungere la parità nella partecipazione ai diversi settori economici, affrontare il problema del divario retributivo e pensionistico e colmare il divario e conseguire l’equilibrio di genere nel processo decisionale». A tal fine, inoltre, sono stati istituiti, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, una «Cabina di regia interistituzionale», presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dall’Autorità politica delegata per le pari opportunità, con funzioni di raccordo tra i livelli istituzionali, anche territoriali, coinvolti, al fine di garantire il coordinamento fra le azioni a livello centrale e territoriale e di individuare e promuovere buone pratiche condivise, e un «Osservatorio nazionale per l’integrazione delle politiche per la parità di genere» al quale competono, in particolare, funzioni di monitoraggio, analisi, studio e proposta dei possibili strumenti per dare attuazione alle indicazioni contenute nel Piano strategico nazionale per la parità di genere, valutandone l’impatto al fine di migliorarne l’efficacia e integrarne gli strumenti.
Tale Osservatorio, inoltre, al fine di realizzare un sistema nazionale di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela della maternità, si avvale, ai sensi di quanto previsto dalla legge di bilancio 2022 (comma 145), di un «Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione della parità di genere».
Allo stato attuale, in altre parole, il nostro legislatore sembrerebbe aver gettato le basi, benché quelli sopra descritti non siano gli unici interventi adottati dall’Italia in tema di parità di genere e quelli anzidetti, allo stato, difettino dei relativi decreti attuativi, per raggiungere l’obiettivo annunciato nella Comunicazione relativa alla Strategia per la parità di genere 2020-2025, consultabile al link indicato in premessa, di creare «un'Europa in cui donne e uomini, ragazze e ragazzi, in tutta la loro diversità, siano uguali e liberi di perseguire le loro scelte di vita, abbiano pari opportunità di realizzazione personale e le stesse possibilità di partecipare alla nostra società europea e svolgervi un ruolo guida».