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Comunicazione di licenziamento valida se il lavoratore non ha comunicato il cambio di residenza
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Comunicazione di licenziamento valida se il lavoratore non ha comunicato il cambio di residenza

Ordinanza Cass. Sez. Lav. n. 28171 del 31 ottobre 2024.

Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede Nazionale

L’ordinanza oggi commentata affronta il caso di un lavoratore licenziato con raccomandata trasmessa all’ultimo indirizzo conosciuto dall’azienda, benché nel frattempo il dipendente si fosse trasferito altrove senza avvertire il datore e dunque non avesse ricevuto la relativa nota.

Il lavoratore impugnava giudizialmente il licenziamento irrogatogli, deducendo l’oralità dello stesso ed il Tribunale accoglieva la domanda. Tuttavia, la Corte d' Appello di Napoli, in riforma della sentenza pronunciata dal giudice di prime cure, respingeva l'impugnativa di licenziamento orale, ritenendo regolarmente intimato in forma scritta il licenziamento, sia in applicazione del principio di presunzione di conoscenza sancito dall'art. 1335 cod. civ., per avere il datore di lavoro depositato la raccomandata contenente la lettera di licenziamento restituita al mittente, su cui compariva la data di spedizione, la dicitura “avvisato 14/06/2008” nonché il timbro ‘'non richiesto entro il termine'', sia in ragione della tempestiva impugnazione stragiudiziale del licenziamento da parte del lavoratore, circostanze queste sufficienti a dipanare l'incertezza derivante dall'ulteriore dicitura ‘'sconosciuto'' in seguito apposta sulla busta raccomandata.

Avverso tale sentenza, il lavoratore proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a diversi motivi, tra cui la circostanza che la Corte di Appello avesse erroneamente ritenuto perfezionata la fattispecie di c.d. ‘'presunzione di conoscenza'' della lettera di licenziamento da parte del lavoratore, anche a fronte di un elemento di segno probatorio opposto, rappresentato dalla apposizione della dicitura ‘'sconosciuto'' sulla busta, nonché dalla considerazione che l'impugnativa era stata effettuata sulla base di un modulo prestampato.

La Corte ha ritenuto tale motivo infondato, essendo – per gli Ermellini - valida l'intimazione del licenziamento inviata all'indirizzo comunicato all'azienda al momento dell'assunzione, in quanto lo stesso era stato variato senza informarne il datore di lavoro; orbene, in simili ipotesi il lavoratore ha l'obbligo di comunicare per iscritto le eventuali successive variazioni di residenza o di domicilio,” rispondendo ciò ad una specifica obbligazione prevista dal c.c.n.l.” (nel nostro caso a disporlo è l’ultimo capoverso dell’art. 12 CCNL Aiop).

Il medesimo principio – chiarisce la Corte - deve ritenersi valido anche in riferimento alla lettera di contestazione disciplinare, che si reputa conosciuta nel momento in cui perviene all'indirizzo originario del lavoratore, se quest'ultimo non abbia provveduto a comunicare il cambio di residenza.

Fermo tale principio, si legge comunque in ordinanza “occorre altresì sottolineare che, in ossequio al principio di prevalenza della sostanza sulla forma, tale presunzione non opera nell'ipotesi in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell'allontanamento del lavoratore dal domicilio e, dunque, dell'impedimento dello stesso a prendere conoscenza della contestazione inviata (sul punto, Cass. n. 3984/2015 e n. 4795/2023)”.

La Corte ha specificato tuttavia che la presunzione di conoscenza di cui sia contestato il pervenimento a destinazione non è peraltro integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio. Nel caso di specie, la Corte di Appello, in conformità ai suesposti principi di diritto, aveva correttamente proceduto alla verifica della regolarità dell'invio della raccomandata da parte della società, attestata dai timbri e dalle sottoscrizioni degli addetti postali, e facendo ricorso anche ad altri elementi probatori a conferma (id est: l'impugnativa stragiudiziale).

In conclusione, la Suprema Corte rigettava il ricorso.

 

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