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Quando è legittimo il licenziamento del dipendente che rifiuta il passaggio da part time a full time
Cassazione Sez. Lavoro ordinanza n. 29337 del 23 ottobre 2023.
Sonia Gallozzi, consulente giuslavorista Sede nazionale
L’ordinanza in commento ha affrontato il caso relativo alla riorganizzazione aziendale che l’impresa ricorrente ha effettuato per uno stabile incremento della clientela, da cui si era originata l’esigenza di ricorrere full time alle prestazioni della dipendente impiegata a orario ridotto. A fronte del rifiuto della lavoratrice di passare al tempo pieno, la società aveva assunto un altro impiegato full time e la part timer era stata licenziata dopo un periodo di formazione al neoassunto, per soppressione della posizione lavorativa. La dipendente ha dunque proposto impugnazione e in appello il licenziamento è stato dichiarato nullo sul presupposto che esso costituisse la reazione ritorsiva del datore al rifiuto di trasformare il rapporto a tempo pieno.
L’azienda ha impugnato la sentenza in Cassazione, la quale – nel ribaltare la pronuncia di merito – ha rilevato, preliminarmente, che l’art. 8, comma 1, del D.Lgs. 81/2015 prevede che il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Secondo i Giudici di legittimità, tuttavia, la previsione di tale disposizione non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivo in caso di rifiuto del part time (o viceversa del full time), ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell'onere della prova posto a carico di parte datoriale (v. anche Cass. n. 12244/2023).
Ed infatti ha chiarito la Corte che “in tal caso, ai fini del giustificato motivo oggettivo, occorre che sussistano o siano dimostrate dal datore di lavoro effettive esigenze economiche ed organizzative tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno (o parziale come nel caso in esame), ma solo con l'orario differente richiesto; l'avvenuta proposta al dipendente o ai dipendenti di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale ed il rifiuto dei medesimi; l'esistenza di un nesso causale tra le esigenze di riduzione (o aumento) dell'orario ed il licenziamento (Cass. n. 21875/2015; Cass. n. 6229/2007)”.
In buona sostanza, il rifiuto della trasformazione del rapporto di lavoro part time diventa una componente del più ampio onere della prova del datore che comprende le ragioni economiche da cui deriva la impossibilità' di continuare ad utilizzare la prestazione a tempo parziale e l'offerta del full time rifiutata, “ciò perché il licenziamento non deve essere intimato a causa del rifiuto ma a causa della impossibilità di utilizzo della prestazione a tempo parziale e del rifiuto di trasformazione del rapporto in full time”.
Nel caso di specie, dunque, essendo stato provato che la sostituzione del dipendente part time con uno full time fosse l’unica soluzione organizzativa possibile per fare fronte al nuovo andamento economico dell’azienda, gli Ermellini hanno accolto il ricorso della società, cassando la senenza di secondo grado e rinviando per la decisione alla Corte di Appello in diversa composizione sulla base dei principi di diritto sopra enunciati.